Pu’er o tè postfermentati: tè di cui oggi si parla molto, per la loro storia affascinante, per le riconosciute proprietà benefiche per la salute, per la tecnica di produzione.
Sono coltivati da centinaia di anni nello Yunnan, regione nel sud della Cina confinante con il Laos, il Vietnam e il Myanmar. Sono spesso ottenuti da foglie di tè raccolte su piante lasciate crescere ad albero e non coltivate a cespuglio.
Il pu’er è diventato popolare anche in Occidente per il suo basso contenuto di caffeina, perchè aiuta la digestione e favorisce la lotta contro il colesterolo “cattivo”.
Questo tè viene inizialmente lavorato come un tè verde, senza ossidazione delle foglie. Il semilavorato, detto maocha, viene poi fatto invecchiare e fermentare. Con il tempo il sapore migliora e si affina.
Se la fermentazione è naturale, in ambienti a temperatura e umidità controllata, si parla di pu’er sheng o crudi.
Quando la fermentazione è indotta si parla di pu’er shu o cotti. Si bagna il maocha con acqua e lo si ammassa in modo da velocizzare il processo. Così facendo il tè diventa pronto per il consumo in tempi molto più brevi. Allo stesso modo non lo si lascia generalmente invecchiare per più di 10 anni, a differenza del pu’er sheng.
Con la primavera abbiamo incrementato il nostro assortimento, inizialmente dedicato ai pu’er shu, con uno sheng, il Beeng Cha.
Le foglie sono più voluminose e chiare dei pu’er shu, il disco più morbido e facile da spezzare.
Il liquore dal color giallo oro è dolce e rotondo, con sapori sorprendenti e delicati.
Scritto da Ezio bevendo Pu’er Sheng Beeng Cha…