Lo Sri Lanka è entrato nella storia del tè dalla seconda metà del 1800.
Prima del tè
Da sempre diviso in regioni in lotta fra di loro, dal XVI secolo lo Sri Lanka fu territorio di conquista europeo: primi fra tutti i portoghesi, che chiamarono l’isola Ceilão, da cui Ceylon, poi gli olandesi e infine gli inglesi a partire dai primi anni del 1800.
L’interesse principale dei conquistatori era la produzione e il commercio di spezie, in particolar modo la cannella, sostituita dal caffè attorno al 1830.
Ecco il tè
Nel 1870 un fungo, Hemileia Vastatrix, detto anche “ruggine del caffè”, devastò completamente le piantagioni di caffè. I tentativi di impiantare cacao e china fallirono, lasciando spazio all’inizio della coltivazione intensiva commerciale della Camellia.
La pianta era già stata introdotta nel Paese nel 1824: un esemplare di Camellia sinensis era stato piantato nei Giardini Botanici Reali di Peradeniya, seguito da altri esperimenti negli anni successivi.
James Taylor era un colono scozzese sbarcato nel 1852 nello Sri Lanka, a soli 17 anni. Di ritorno da un viaggio in India, dove aveva studiato l’arte della produzione e lavorazione del tè, nel 1867 piantumò il giardino di Loolecondera, a Kandy, dando inizio all’industria del tè.
Il tentativo ebbe successo e già nel 1875 si contavano 400 ettari di piantagioni di tè.
Grazie a questo lento e faticoso lavoro il paesaggio dell’isola mutò e il tè divenne colonna portante delle sue esportazioni, grazie anche a Sir Thomas Lipton.

Lavorazione ortodox
Lo Sri Lanka produce rinomati tè neri con il cosiddetto metodo ortodosso, che consiste di cinque fasi:
l’appassimento delle foglie, la rullatura, l’ossidazione, l’essiccazione e la selezione.
Sri Lanka Tea Board
A tutela della sua qualità lo Sri Lanka Tea Board ha creato un sistema di protezione e controllo ferreo per garantire il rispetto degli standard qualitativi di produzione del tè che viene certificato attraverso il logo del Leone.
Scritto da Ezio e Donata, bevendo Nuwara Eliya OP, tè nero dello Sri Lanka.